Quando ti consegnano la diagnosi (dico ti consegnano perché a noi personalmente la prima è stata data dentro una busta senza alcuna spiegazione di corredo), le reazioni in genere si riducono a due.
1) Ammutolisci, piangi e poi inizi a far finta di ignorarla
2) Cerchi di decifrarla perché è la mappa di ciò che dovrai fare per migliorare tutto ciò che non permette a tuo figlio di sopravvivere in un mondo fatto per i neurotipici.
Fatti coraggio e focalizzati sulla seconda, per il tuo bene ma principalmente per quello di tuo figlio.
Cosa importante da non dimenticare è che la diagnosi viene fatta da degli sconosciuti in un ambiente che può risultare ostile e che non hanno mai interagito col bambino. Quindi potrebbero esserci delle discrepanze tra ciò che troverai scritto e la realtà.
La cosa importante da capire è che tuo figlio è lo stesso bambino che avevi a casa il giorno prima che ti consegnassero quel pezzo di carta. Non è diventato improvvisamente un alieno o qualcosa da temere.
Per quante preoccupazioni occupino la tua mente in quei momenti, lui è sempre lì ed è esattamente identico. L’unica differenza è che ora hai la consapevolezza della sua condizione e sai che non potrai essere l’unico attore sul palco ad occuparsi del suo percorso di vita perché non hai la formazione adatta.
Accettato questo, il prossimo passo è individuare il percorso di terapia adatta e trovare i professionisti che la metteranno in campo, sempre con la collaborazione della famiglia e, se il bimbo è già stato inserito in un contesto scolastico, degli insegnanti.
Il passo successivo consiste nell’individuare le criticità, le aree in cui il bambino ha difficoltà e decidere quali sono le priorità.
Al momento della diagnosi, all’età di tre anni, Matilde non era verbale, portava ancora il pannolino, si alimentava con pochissimi cibi e tutti di consistenza morbida, camminava sulle punte, aveva un ritardo mentale e cognitivo, era assente il contatto oculare, non reagiva sentendo il proprio nome, non svolgeva nessun gioco in maniera funzionale, rosicchiava i libri e succhiava le riviste, si incantava davanti allo schermo della tv senza mostrare la minima reazione a ciò che vedeva. All’epoca poteva sembrare senza scampo: autismo severo con ritardo mentale e cognitivo.
Qualunque sia la diagnosi, la cosa più importante è non perdere tempo. Fatti aiutare dal pediatra e dal neuropsichiatra infantile e cerca di accedere a tutti gli aiuti economici disponibili perché quel denaro servirà tutto per le terapie e non basterà. Stessa cosa per quanto riguarda la legge 104/92: con quella otterrai l’insegnante di sostegno ed è fondamentale. Se il tuo medico di fiducia non sa indirizzarti, cercate tra le associazioni del tuo territorio, ne esistono tantissime e possono aiutarti indicandoti il percorso per la burocrazia.
So che ora dovrei scrivere qualcosa che tiri su il morale ma non voglio mentire. Ci saranno momenti di frustrazione, rabbia, disperazione, sensazione di inutilità… e magari maledirai il destino che incombe sull’esistenza di tuo figlio. Prima di vedere dei reali risultati dalla terapia ci vorrà del tempo e non tutte le diagnosi possono essere ribaltate purtroppo. Ma c’è tanto da fare e c’è sempre un bel margine di miglioramento.
La vita che conosci non esisterà più. In generale, quando si diventa genitori tante cose cambiano, le priorità e le necessità più importanti sono quelle dei figli ma quando si è genitore di un bambino con disabilità tutta la vita si svolge in sua funzione. Anche volendo ignorare il dato statistico elaborato dalla NCBI su famiglie con bambini con autismo o patologia comparabile che dimostra che il tasso di divorzio delle coppie con un figlio disabile è del 23,5% (contro il 13,8% delle coppie con figli sani), tutto sarà differente.
Ma non dimenticare mai che la tua vita e quella di tuo figlio non finiscono con la diagnosi. Il lavoro da portare avanti sarà tanto e difficile e sarà un po’ come tornare a scuola. Ci sarà da leggere, da studiare, da imparare dal team che si occuperà del tuo bambino. Gioirai di ogni conquista, anche di quella più piccola. E questo è il dono più grande che ci fanno i nostri bambini: ci permettono di recuperare quella semplicità e quella genuinità che abbiamo perso o data per scontata. La vita è diversa da quella che immaginavo? Certamente! Ma non smette mai di essere meravigliosa e sorprendente!